Nel mese di gennaio 2020 l’Associazione culturale Papagna proponeva per Asteroide B/167 un percorso di rigenerazione urbana e culturale con la creazione di una banda musicale che coinvolgesse musicisti e amanti della musica del quartiere: La Banda dell’Asteroide.
L’idea prevedeva la collaborazione cittadini e studenti, con la centralità di quelli del Liceo Scientifico Banzi, perché la scuola che delimita il quartiere è l’epicentro del progetto Asteroide B167. A partire da quell’idea, abbiamo costruito un gruppo di lavoro. In una sola volta, gli studenti erano entusiasti. Felici di dover cercare musicisti nel quartiere, di ascoltare le loro storie e di creare immagini fatte di parole, di video, di audio.
Gli eventi precipitosi della pandemia hanno rimodulato l’idea.
On-line, siamo partiti da noi. I ragazzi hanno iniziato ad esplorare il proprio io al tempo del Covid-19. Le emozioni sono state messe in campo. Gli studenti collegati da casa hanno iniziato a descrivere i sentimenti che la musica suscita in loro. La classe della DaD si è accesa: erano loro a proporre brani: trap, pop, melodici italiani. Abbiamo iniziato a mettere su canzoni che parlano di periferia, solitudini ed emozioni.
Abbiamo esplorato queste emozioni. Alcuni di loro hanno lasciato una traccia importante. Queste tracce di ragazze e ragazzi sono diventate un’unica voce, al tempo del Covid.
Non sapevamo ancora che sarebbero state alle fine un pezzo d’arte urbana.
Ecco le tracce di banda, con le voci di Giuseppe Giannone, Ludovica Dell’Anna, Maria Benedetta Ratta, Viola Vergari.
Non solo lo sguardo innamorato con cui una mamma guarda un figlio racconta una storia, non solo i ragazzi che corrono per la piazza, con la pelle infuocata accarezzata dal tocco soffice del vento, hanno qualcosa da raccontare. Soprattutto una strada vuota ha qualcosa da raccontare: ha avuto un passato, ha un presente e avrà un futuro. È stata calpestata da tanta gente che, spensierata, si divertiva; ma è anche stata attraversata da persone tristi che probabilmente l’avranno guardata in modo confuso, senza attenzione, a causa degli occhi allagati. Ci è passata molta gente che correva, non vedeva l’ora. O forse aveva preferito l’attesa, l’illusione. Una strada vuota scrive un romanzo. Un romanzo dalle pagine colorate da pastelli chiari e scuri, lucenti e opachi. Un romanzo dalle pagine graffiate, consumate, da unghie e pensieri, impazienti o stanchi. Tutte le strade torneranno ad essere scritte da noi e scriveremo ancora più forte.
È strano come tutto possa cambiare da un giorno all’altro. Una mattina ti svegli come sempre, ma è tutto diverso.
Lo stadio. Un luogo magico dove il tifoso si rifugia per scappare dalle paure, dai timori e dalla tristezza. Quanti sorrisi e quanta felicità hanno accolto gli stadi? In tutto il mondo, sono pieni di gente che urla, fischia, invoca e applaude. Lo stadio è una grande casa accogliente per migliaia di persone, che insieme indipendentemente dal tifo, creano una grande famiglia. Quando si entra in un stadio, veniamo pervasi. È una strana sensazione lo stupore. Lo stupore suscitato dalla maestosità di uno stadio. Lo stupore nel poter fare parte. Lo stupore di vedere i giocatori. Lo stupore di poter urlare. E festeggiare per un gol segnato. Lo stupore che ci rende consapevoli delle diverse emozioni che possiamo provare. Galeano ci chiese: “Siete mai entrati in un stadio vuoto?” Fermatevi in mezzo al campo e ascoltate. Non c’è niente di più vuoto di uno stadio vuoto. Non c’è niente di più muto della grandinate senza nessuno. Il ruggito dello stadio, la voce degli allenatori, la gioia per un goal segnato. Dove prima c’era rumore ora c’è silenzio.
Sembra di stare in un universo parallelo dove non sono più i supereroi a salvare il mondo, ma noi semplici e comuni mortali che non dobbiamo fare altro che restare a casa. Che assurdità. Chi avrebbe mai potuto pensare a una cosa del genere? Io penso che se mi avessero detto qualche mese fa che sarebbe successo tutto questo, gli avrei riso in faccia e me ne sarei andata lasciandola lì in disparte e credendo che fosse pazza.
Ho visto gente andare via dalla mia vita senza neanche chiedere scusa per il disturbo. Mi son fidata, hanno chiesto il mio aiuto. L’ho concesso. Ho chiesto loro aiuto, han fatto finta di non sentirmi. Le persone feriscono senza rendersene conto, ingannano, deludono. È meglio allora contare su se stessi. Non affidarti a qualcuno, potrebbe voltarti le spalle. Non far vedere le tue debolezze, potrebbero essere usate come lame contro di te.
Non voglio raccontare la mia esperienza né tanto meno voglio dire quanto sia difficile stare lontana dalle persone che mi sono sempre state vicine, anche perché i miei sentimenti presumo siano uguali a quelli del resto d’Italia in questo periodo. Voglio farvi una domanda. In un futuro cosa racconterete, a chi vi è vicino, di questa ‘avventura’? Vi definirete come gli eroi del divano e delle serie TV? Beh io non so se riuscirei a parlare di questa pandemia, che ha stravolto un mondo. In fondo cosa avrei da raccontare? Oltre al fatto di essere impazzita cosa potrei dire? Che ho salvato il mondo? Va bene, magari lo avrò pure fatto ma non ho contribuito in nessun modo a salvare delle vite ad eccezione della mia.
La musica fa riflettere, la musica è una delle poche cose, rimaste pure in questo mondo. C’è tanta musica che non apprezzo, ma nel bene e nel male, quella unisce le persone anche se lontane. Devo ammettere che in questo contesto così travagliato sono riuscita ad avvicinarmi alla musica. Mi è servita molto nelle giornate difficili, quando avevo bisogno di rilassarmi e di non pensare a niente ad eccezione di quella melodia così dolce che è riuscita a placare ogni mio timore.